Luca Ragona, classe 1996, è musicista del complesso bandistico La Filarmonica di Abbiategrasso e direttore della Junior Band (l’organico giovanile) della Filarmonica. Nato nelle file della banda prima come clarinettista e, poi, per volontà del destino passato all’oboe, grazie a studio, sacrifici, dedizione e talento naturale qualche settimana fa ha raggiunto l’apice degli studi musicali conseguendo il diploma in Direzione D’Orchestra presso il Conservatorio G. Verdi di Milano. Questo traguardo è motivo di vanto per La Filarmonica: avere tra le proprie fila un giovane e brillante musicista nonché direttore d’orchestra è un valore aggiunto sia in termini musicali che umani. Per conoscere Luca, la sua storia e i suoi progetti, non c’è modo migliore che rivolgersi direttamente a lui.
Come ti sei avvicinato alla musica e quali sono state le tappe principali del tuo percorso?
«Il mio primissimo approccio alla musica ha avuto luogo in terza elementare, durante la prima lezione di educazione musicale. Da allora in avanti è stata una sequenza di eventi che mi han portato fin qui, dal saggio presso la sede de “La Filarmonica” di Abbiategrasso, che definirei “galeotto”, in quanto al termine dello stesso mi iscrissi alla scuola di musica. Di lì lo studio del Clarinetto, poi dell’Oboe, l’ammissione al Conservatorio G. Verdi di Milano nel 2009, l’iscrizione al Liceo Musicale, l’ammissione al corso di Direzione d’Orchestra nel 2015, il diploma di Oboe l’anno successivo, ed infine il Diploma Accademico di II Livello in Direzione d’Orchestra del 19 Giugno appena passato».
C’è stato un incontro umano e/o professionale che ha particolarmente influito sulla tua scelta di studiare direzione d’orchestra?
«Non posso dire ci sia stato un incontro preciso, in quanto non saprei rispondere a questa domanda citando un solo evento o pochi nomi. Credo sia stata la naturale conseguenza del mio percorso: sin dai primissimi momenti in cui ho preso in mano uno strumento ho sempre suonato insieme ad un’altra persona. Dai duetti con i miei maestri, alla banda, passando per le numerose esperienze vissute con le orchestre giovanili, prima, e con le orchestre tutt’oggi. Ammetto che negli anni ciò ha tolto tempo allo studio individuale, ma ognuna di queste esperienze mi ha plasmato irrimediabilmente tanto da spingermi a scegliere questa strada: ogni persona che è salita sul podio per dirigere mi ha donato un mattoncino con il quale si sono erette le fondamenta del mio essere musicista».
Che sensazioni provi quando sali sul podio a dirigere?
«Non voglio usare frasi fatte o clichè abusati che fanno solo male al mondo della musica “classica” e alla percezione dello stesso da parte del vasto pubblico. Sono un essere umano, che prova emozioni diverse a seconda del contesto: la prima prova con un gruppo che sai dovrai guidare per i prossimi anni, il primo concerto, la prima opera diretta integralmente, una normalissima prova, sono tutte situazioni in cui si possono provare ansia, esaltazione, felicità, rancore. L’importante è fare filtro e saper trasmettere all’ensemble solo le emozioni utili all’interpretazione, eliminando tutto ciò che è controproducente o sovrastimolante. Purtroppo ci troviamo in un periodo storico, anche in ambito accademico, in cui l’occhio vuole la sua parte e, talvolta, chi elimina il “sovrastimolante”, o è naturalmente portato alla compostezza, viene a prescindere penalizzato, perché reo di essere “molle”».
Ti senti più musicista o direttore d’orchestra?
«Se per musicista intendi strumentista, innanzitutto non possiamo discernere le due figure. Il trombettista, l’oboista, il direttore: sono tutti musicisti. L’unica differenza è la natura dello strumento che suonano: il direttore esprime il proprio essere musicista attraverso altre persone, esseri viventi, ognuna con un proprio percorso, con la propria idea dell’essere musicista. Questa è la grande differenza, nonché il mistero che racchiude questa professione, per cui non basterebbe vivere più vite per venirne a capo. Ad oggi non saprei dirti cosa mi sento o per cosa propenda maggiormente. So solamente che un direttore può anche non essere un grande strumentista, ma deve assolutamente essere un musicista o conoscitore della musica per potere essere un buon interprete».
Chi è/chi sono i direttori d’orchestra (di oggi e di ieri) dal quale/dai quali trai ispirazione?
«Non sono una persona dogmatica che segue un modello preciso per disconoscerne altri. Mi piace osservare e trarre il meglio dai grandi direttori del passato e odierni. Mi limiterò a citarne uno, probabilmente passando per banale, ma un direttore che mi ha sempre affascinato per la sua pacatezza nell’intrattenere i rapporti umani e per la semplicità nel trasmettere le proprie idee musicali attraverso la gestualità ed il suo modo di porsi sul podio, è sicuramente Claudio Abbado».
In ogni storia ci sono dei momenti difficili, i tuoi?
«Sicuramente la mia non ammissione al Conservatorio nella classe di Clarinetto. Non so, qualora avessi rifiutato di rimettermi in gioco con l’Oboe dopo l’ammissione alla prova attitudinale, se avrei continuato a suonare il Clarinetto».
E, invece, quali sono i momenti che ricordi con maggiore gioia?
«Fortunatamente sono molti di più che i difficili: i primi che mi vengono in mente sono i concerti al Senato della Repubblica e al teatro degli Arcimboldi rispettivamente diretti da Piovani e Morricone. Più recentemente l’esibizione della Junior Band al Teatro Dal Verme e la direzione del Barbiere di Siviglia lo scorso anno al termine di un laboratorio lirico presso il Mancinelli di Orvieto».
Attualmente di cosa ti stai occupando?
«Attualmente ricopro l’incarico di direttore artistico e musicale del Corpo Musicale S. Cecilia di Buscate, che ringrazio per aver voluto puntare su di me nonostante mi sarei dovuto assentare per ben due mesi poco dopo l’inizio della collaborazione per una tournée in Cina (era Gennaio 2020, e quella tournée non ha mai avuto luogo a causa dell’emergenza sanitaria). Dal 2015 sono direttore della Junior Band della scuola di musica “Corrado Abriani” de “La Filarmonica” di Abbiategrasso. Posso dire con la cautela del caso che, se la situazione sanitaria lo consentirà, a breve potrei ottenere nuovi incarichi».
Pensiamo al futuro, quali sono i progetti (sia come musicista che come direttore)?
«Arrivo da una prova finale di diploma che causa pandemia è stata posticipata diverse volte, aumentando la tensione che già di per sé si prova in queste situazioni. Le dinamiche mi hanno molto provato e ho deciso di staccare la spina e riposarmi durante l’estate. In ogni caso, negli ultimi mesi ho mosso i miei primi passi nel mondo dell’insegnamento, contesto in cui trovo molte similitudini con l’attività di direttore di compagini giovanili ed in cui mi piacerebbe costruire un percorso, conscio delle difficoltà che mi aspetteranno. Ma pensando al futuro in senso lato, forte del mio percorso e della mia esperienza, vorrei lanciare un appello affinché l’educazione musicale torni ad avere una propria importanza, che sia strutturata a partire dalla scuola primaria con docenti qualificati, in quanto fondamentale per la costruzione di un individuo in grado di ascoltare e di sapersi calare in modo proficuo e positivo nella società: ne abbiamo bisogno. Per il resto, manterrò i rapporti con gli enti e le associazioni con cui ho sempre collaborato in qualità di strumentista e direttore, e sarò sempre pronto a cogliere e valutare ogni occasione di crescita professionale mi si porrà di fronte».